SALVATOR ROSA

Oltre che pittore eclettico,fu poeta originale ed estroso,

autore di epigrammi,satire,poesie…

Durante l’itinerario alla mostra,il visitatore avrà

l’occasione di ascoltare passi tratti dai suoi componimenti

poetici e musicali;Sarà forte il lasciarsi trasportare quasi

in un mondo parallelo,data la suggestiva atmosfera che

avvolge i dipinti presenti.


U.LIMENTANI,nel suo libro “La satira nel seicento”

scrive:”[…]il Rosa apporta alla sua poesia esperienze e

vedute che attengono ad un’altra arte,e perciò ne

arricchisce la sostanza in modo insolito e felicemente

fecondo […].E’ appunto lo stile a metà strada fra

lo “scritto” e il “parlato” che dà alle sue satire un sapore

tutto particolare ed un’attrattiva indefinibile.”



Riportiamo qui qualche passo delle poesie più significative…

Buona lettura!

Attenti a non perdervi nei meandri della sua mente…

e ricordate quello che sarà il suo motto durante un’intera vita:


TACI O DI’ QUALCOSA CHE SIA MEGLIO DEL SILENZIO”






CONTRO QUELLI CHE NON LO CREDEVANO AUTORE DI SATIRE

Dunque perché son Salvator chiamato
crucifigatur grida ogni persona?
Ma è ben dover che da genía briccona
non sia senza passion glorificato.
M'interroga ogni dì più d'un Pilato
se di satiri tóschi ho la corona;
più d'un Pietro mi nega e m'abbandona
e più d'un Giuda ognor mi vedo a lato.
Giura stuolo d'ebrei perfido e tristo
ch'io, tolto della Gloria il santuario,
fo dell'altrui divinitade acquisto;
ma questa volta, andandoli al contrario,
lor fan da ladri, io non farò da Cristo,
anzi sarà il mio Pindo il lor Calvario.







DALLA SATIRA QUINTA: L'invidia

AUTORE
Adagio un poco. E chi sei tu, che sola
fai qui da sentinella e mostri insieme
furia francese e gravità spagnola?

INVIDIA
Io son colei di cui paventa e teme
ogni stato maggior, quella che seguo
sempre le cose in eccelenza estreme;
quella son io che per le regie adeguo
a i più vili i più grandi e che dal volgo
torco veloce i passi e mi dileguo;
quella son io che rapida mi volgo
là dove alberga la dottrina e 'l senno
e ch'i vizzii d'ognun mordo e divolgo;
quella son io ch'ogni difetto accenno
de l'alme eccelse e con bilancia uguale
ogni piccolo error peso e condenno;
quella son io che per tenor fatale
sempre accompagno la Virtude e 'l Merto
e con essi comune ebbi il natale;
quella che il Fasto non ha mai sofferto,
quella ch'è del Valor la pietra lidia,
quella ch'è d'ogni Bene indizio certo,
quella che l'Ozio dolce ama e l'Accidia,
quella che già fu dea, quella ch'il tutto
ha soggetto ai suoi piedi: io son l'Invidia
.







LA STREGA

Io vo’magici modi

tentar,profane note,

herbe diverse,e nodi,

ciò ch’arrestar può le celesti rote,

mago circolo,

onde gelide,

pesci varij,

acque chimiche,

neri balsami,

miste polveri,

pietre mistiche,

serpi,e nottole,

sangui putridi,

molli viscere,

secche mummie,

ossa,e vermini,

suffumigij,

ch’anneriscano

voci horribili,

che spaventino,

linfe torbide,

ch’avvelenino,

stille fetide,

che corrompino,

ch’offuschino,

che gelino,

che guastino,

ch’ancidano,

che vincano,

l’onde stigie...

LAMENTO


Sensi,voi,ciò che godete

Il finire ha per natura;

occhi mei,quanto vedete

con tacite rapime il tempo fura;

e non piango,e non tremo,e non m’attristo

s’ogni mondano acquisto,

ogni cosa che fu

si cangia in polve e mai non torna più…


LA PITTURA

Arte alcune non v’è,che porti seco

Delle scienze maggior necessità;

che de color non può trattar il Cieco:

che tutto quel,che la Natura fa,

o sia soggetto al senso,o intelligibile,

per oggetto al pittor propone e da.

Che non dipinge sol quel,ch’è visibile:

ma necessario è,che talvolta additi

tutto quel,ch’è incorporeo,e ch’è possibile…


IL TIRRENO



E sapin pur di Cleantea Lucerna

Tutte l’opre di noi caduce e inferme;

Cosa non v’è qua giù che duri Eterna.

Muoiono i Collossei,muoion le Terme

Son polve i Mondi,le sue pompe un Nulla

E l’humana alterigia un fumo,un Verme.

In questa che ci alletta,e ci trastulla

Comica finzion che nome ha vita

Prologo di Tragedia è a noi la Culla.






DALLA PRIMA SATIRA: LA MUSICA



Ad un musico bello il tutto lice:
di ciò ch'ei fa, che brama ottiene il vanto,
ch'un bel volto che canta oggi è felice.
Io non biasimo già l'arte del canto,
ma sì bene i cantori viziosi
ch'hanno sporcato a la modestia il manto.
So ben ch'era mestier da virtuosi
la musica una volta, e l'imparavano
fra gli uomini più grandi i più famosi.

DALLA SECONDA SATIRA: LA POESIA



Di passar per poeta io non ho boria;
vada in Cirra chi vuol, nulla mi preme
che sia scritta colà la mia memoria.
Oh che dolce follia di teste sceme!
Sul più fallito e sterile mestiero
fondare il patrimonio de la speme;
sopra un verso sudar l'alma e 'l pensiero
a ciò che sia con numero costrutto,
s'ogni sostanza poi termina in zero!
Fiori e fronde che val sparger per tutto
s'alfin si vede, de gli autunni al giro,
che di Parnaso il fior non fa mai frutto?





A cura di:

Cotena Ornella

Agrillo Daniela

Ragosta Alessandra



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